Quante volte vi è capitato di cercare un luogo dove dormire durante una permanenza fuori città e trovare, tra le offerte presenti su Internet, degli hotel indecenti, dalle fotografie alle descrizioni degli utenti, roba che vi abbia fatto pensare: “Questo è il posto più schifoso di tutta la città, non ci metterei piede manco morto?”. A me è capitato spesso, ma devo dire che altrettanto spesso la curiosità e il fascino per questi luoghi mi spingono a discutere con l’omino del cervello e proporgli di lanciarsi, provare, esperire personalmente e solo dopo, semmai, giudicare. Ammetto che l’omino del cervello ha sempre avuto la meglio sul mio istinto… ma quest’ultima volta sono riuscito a fregarlo e convincerlo a rischiare. Ho deciso di provare personalmente com’è andare a dormire una notte nel peggior albergo di Milano. A portarci sulle tracce di questo tugurio sono state le recensioni degli utenti ed i voti di Tripadvisor: a quanto pare non c’è una persona che sia rimasta soddisfatta di questo posto.
Nella mia adolescenza di viaggiatore disorganizzato, non di rado mi è capitato di dormire nelle peggiori condizioni immaginabili. Tra interrail in Spagna e viaggi di un’estate intera in macchina, non sono certo mancate le notti trascorse sulle panchine di una stazione, o nel migliore dei casi rannicchiati sul sedile posteriore di una vettura sovraffollata. Ciò comporta quantomeno una discreta propensione all’adattamento, per non dire una forte capacità di convivenza con lo schifo. Fornire questi dati del mio background personale è necessario, onde evitare di essere preso per una fighetta schifiltosa. Non sono una fighetta schifiltosa. Detto ciò, ad essere sincero non mi era mai successo di imbattermi in un bugigattolo così fetente ed allo stesso tempo caro quale è l’Hotel in questione.
L’ingresso sulla strada è un semplice cancelletto metallico superato il quale ci si trova in un giardinetto ormai divenuto di proprietà della flora circostante. Una mini giungla nel centro di Milano. Citofono, apro il portone e salgo tre scalini. Un odore penetrante mi pervade le narici: è acre, acido e molto forte, lo stesso odore che c’è in quei ristoranti che preparano sushi e più o meno tutto ciò che può rientrare nella vasta ed ingannevole categoria di “cibo orientale”. Come aver sniffato una striscia di aceto balsamico (non ci ho mai provato, però l’immagine rende bene).
Ad accogliermi seduta su uno sgabello in quella che viene definita reception è una ragazza sulla trentina con gli occhi a mandorla e i capelli neri. Mi chiede dati personali e numero prenotazione. Sembra capire molto bene l’italiano, almeno fino a che non salta fuori la parolina magica al suono della quale, dopo un rapido farfugliamento mandarino, scompare dietro una tenda per chiamare rinforzi. La parola magica è FATTURA. Quando la ragazza fa ritorno alla reception è accompagnata da una figura maschile il cui piglio risoluto lascia intendere che sia lui a fare il bello e il brutto tempo nell’emissione delle fatture. Dopo un paio di domande (e non senza sbuffare) la Fattura viene emessa. Mi assegnano una stanza e mi dicono “ciao”. Da questo momento in poi mi è stato possibile documentare fotograficamente la permanenza nell’hotel grazie ai mezzi altamente tecnologici di cui dispongo.
Scalinata per accedere al primo piano.
Qui l’odore di acetone inizia a mischiarsi con quello di piscio proveniente dal bagno in condivisione di cui ovviamente anch’io dovrò usufruire se vorrò espellere fluidi corporei.
Noto subito l’originalità del carattere scelto per la numerazione delle stanze. Lo Scotch New Roman in rosso si abbina bene con i muri del corridoio. Procedo all’apertura della porta per vedere cosa mi aspetta questa notte.
La mia mini-stanza singola con bagno in condivisione e letto a una piazza e mezza è una topaietta molto accogliente. Chiudo a chiave e mi lancio sul giaciglio per testarne la comodità, ma a momenti mi spezzo la schiena. Qualcosa di molto duro esattamente in mezzo al letto ha fatto fare crack alla mia colonna vertebrale. Alzo il materasso e scopro questo originalissimo stratagemma. Altro nastro adesivo per tenere insieme il mio letto ad una piazza e una scala.
Anche se riconosco che non sia il massimo in quanto a scelte stilistiche e design, tutto sommato la stanza dispone di un arredamento funzionale e originale quasi quanto la piazza e mezza del mio letto.
Pratica cassettiera multicolore per riporre indumenti ed effetti personali.
A lato della cassettiera, l’impianto di riscaldamento con tubi a vista, una scelta raffinata.
Polvere con telefono.
Televisore su cui si vede solo canale 5, non so perché ma è così.
Finestra con vetro rotto (a quanto pare tra numeri delle stanze, supporto per unire le strutture dei letti e rimedio per tenere insieme i vetri della finestra, lo scotch ha fatto la fortuna di questo hotel).
Ma la chicca della stanza, motivo per cui il pernottamento di una sola notte mi è costato ben 35€ (!), è il terrazzino attrezzato
Quando ormai ho definitivamente appurato che sarà una nottata dimmerda, decido di fare una doccia. Se la pulizia della stanza è scarsa, sarà il mio igiene personale a compensare.
E invece no, il cesso puzza più della stanza e di me dopo una giornata di cammino messi insieme. Evito la doccia.
Personalmente avrei aggiunto un paio di siringhe a completamento dell’artwork. Fanculo l’igiene, stanotte feterò in una camera che feta, sarò il re della fetenza. Adesso è il momento di mettere qualcosa sotto ai denti. Visto che l’hotel non offre un servizio ristorante, e il “bar lounge” che sostengono di avere si limita a bottigliette d’acqua, un amaro marca AMARO, lattine di coca e birre a temperatura ambiente, esco a fare un giro e vedere cosa propone il quartiere. La multiculturalità della zona è evidente, ad ogni angolo piccoli bazar e negozietti di vestiti cinesi rimangono aperti fino a tardi. Per mangiare, le opzioni tra cui scegliere sono fondamentalmente due: cibo cinese e kebab. Prendo un kebab e me lo porto in camera. Si inserisce nel contesto alla perfezione.
Dopo il lauto banchetto con una puntata del guinness dei primati in sottofondo su canale 5, decido di concedermi un amaro marca AMARO al lounge bar. In realtà speravo di incontrare qualche guest dell’hotel e fare quattro chiacchiere (tra le recensioni su tripadvisor ho letto che, dopo una cert’ora, figure femminili dalla dubbia condotta morale si aggirano per i corridoi dell’edificio, potrebbe rivelarsi una conversazione interessante). Purtroppo pare che per stasera le signore siano in ferie. Esco e vado a bere un bicchiere in un bar nei dintorni, mi siedo al tavolino fuori e stavolta sì, vengo abbordato da una ragazza che stava in piedi all’angolo della strada. Quando si avvicina e mi saluta con un “ciao amore”, alza maliziosamente la gonnellina con un rapido gesto della mano facendomi intravedere una protuberanza. Temo ce l’abbia più lungo del mio. Una macchina si ferma e la carica dopo qualche istante. Addio donna col cazzo, mi avrebbe fatto piacere conoscerti. Tracanno il mio cuba libre nella speranza che un po’ di stordimento mi aiuti a prendere sonno più rapidamente e torno in hotel. Effettivamente funziona, riesco ad addormentarmi quasi subito, anche se imbacuccato come uno scalatore per evitare di entrare a contatto con le macchie sospette sulle lenzuola.
L’indomani apro gli occhi cinque minuti prima del suono della sveglia, il corpo e la fronte bagnati di sudore ed una sensazione di presammale cosmica. Mi sciacquo la faccia, apro la finestra e fumo la prima sigaretta della giornata d’innanzi a questo panorama incredibile.
Nell’elenco dei servizi offerti dall’hotel ci sarebbe anche il servizio in camera… non me la sento di osare fino a questo punto. Bevo un rapido caffé al lounge bar/reception e sono di nuovo in strada.