Sara Gironi Carnevale è un’illustratrice originaria di Napoli, attualmente di base a Torino. Nei suoi artwork, in cui l’uso del colore è uno dei primi elementi a colpire, ci parla del mondo di oggi in maniera a volte sottile, a volte ironica, a volte più esplicita. Abbiamo parlato con Sara per sapere qualcosa in più sul suo percorso, sul suo approccio all’illustrazione, all’uso del colore e alla sua arte.
Lasciamo la parola a lei.
Ciao Sara, raccontaci di te e della tua formazione.
Darlin, quello per l’illustrazione è stato un innamoramento lento, un po’ come quando capisci di amare il tuo migliore amico! Nonostante abbia sempre avuto il pallino del disegno (complice una mamma “artista”), i miei primi passi nel mondo creativo li ho fatti in veste di graphic designer. Come molte persone che stentano a credere che i lavori creativi siano delle professioni a tutti gli effetti, io stessa non avevo idea che si potesse vivere solo con l’illustrazione. Sarebbe stato un po’ come credere agli unicorni! Quindi mi sono trasferita a Torino per conseguire un Bachelor in Communication and Graphic Design. Ho sfiorato il settore pubblicitario, lavorato come grafica freelance e non e poi, finalmente, l’illuminazione: e se quei disegnini che facevo da piccola diventassero il mio lavoro? Ed ecco che sono diventata un unicorno!
Chi sono dei modelli per te nel tuo campo?
Quando si intraprende questa professione guardare al lavoro altrui è fondamentale. Certo, tocca fare i conti con la frustrazione e sbattere mille volte la testa contro la tavoletta grafica (o la tela, a piacere) ripetendosi “perché io non disegno così?”. Eppure, per quanto certe volte sia avvilente misurarsi con illustratori affermati, la ricerca del proprio stile passa proprio per questo tipo di frustrazione. E, in qualche modo, è proprio quella che spinge a migliorarsi, sempre. Personalmente gli illustratori che più ammiro sono quelli che riescono a trovare idee sagaci e ironiche per sintetizzare concetti complessi. In questo modo anche l’argomento più noioso diventa attraente e, a volte, addirittura divertente. In questo Christoph Niemann è un maestro assoluto.
Quali sono le linee guida delle tue illustrazioni?
Ciò che cerco di fare ogni volta che mi piazzo davanti al mio sketchbook è cercare la migliore idea che mi possa venire in mente. È piuttosto banale e, il più delle volte, uno strazio, visto che non mi dò pace finché non sono del tutto soddisfatta, per la gioia delle persone che ho intorno. Questa è sicuramente la più importante delle mie linee guida.
E, a proposito di Christoph Niemann, la sua “tavola periodica delle metafore” tante volte mi è stata di grande aiuto, sia per il lavoro che per salvare i miei rapporti interpersonali :)
Quant’è importante il colore nei tuoi artwork?
Non sono mai stata una grande fan del “colorare”. Da piccola usavo solo pennarelli e pastelli e, da grande, non è che abbia fatto grandi passi avanti. Anzi, se si tratta di disegnare a mano adoro i tratti neri, netti, e nient’altro. Poi mi sono avvicinata all’illustrazione digitale e ho finalmente trovato il coraggio di misurarmi con campiture che non fossero solo piatte. Oggi direi che quella del colore è una delle fasi più soddisfacenti nello sviluppo delle mie illustrazioni, forse proprio perché ho ancora molto da imparare in merito. Mi piace sperimentare tonalità contrastanti che mai avrei immaginato di accostare e, in questo, il lavoro di illustratori come Karolis Strautniekas o Thomas Danthony mi è molto d’aiuto.
Chi sono tre illustratrici contemporanee da tenere d’occhio?
Vorrei tanto dire “me, guardate me, tenetemi d’occhio” ma temo di risultare un po’ troppo autoreferenziale quindi rilancio dicendo: perché solo tre? Quest’anno ho avuto modo di dare il mio contributo ad un bellissimo progetto chiamato Resist! a cui hanno partecipato moltissime illustratrici, professioniste e non, per dire la loro su temi estremamente caldi in tempi come questi: dai diritti delle donne ad un chiaro e forte “NO” al razzismo. E lì, di illustratrici da seguire, c’è l’imbarazzo della scelta! Il progetto è partito dagli USA e, purtroppo, non so se avrò mai modo di conoscere personalmente almeno una delle “voci di donna” che si è fatta sentire a colpi di disegno ma è bello sapere che il mondo, tutto sommato, è ancora un bel posto in cui abitare.
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