Darlin Magazine

Siamo andati a sentire gli AIR al Labirinto della Masone

Suona il telefono.
-Pronto
-Hey, ciao. Dove sei?
-Sto andando a Parma per un concerto.
-A Parma?
-Sì, c’è questo posto, il Labirinto della Masone, mai stata, ma sembra una figata. Un vero labirinto, il più grande del mondo.
-Ma chi suona?
-Gli AIR.
-Ah, sì, il duo frocetto francese.

“Il duo frocetto francese”. La mia infanzia musicale riassunta così. La colonna sonora della mia vita fin ora, riassunta in quattro parole tristi ed effimere.

Se solo sapesse.
Amour Imagination Reve (AIR).
Amore, immaginazione, sogno. Non avrebbero potuto scegliere nome più adatto Nicolas e Jean-Benoît per rappresentare i loro suoni, obiettivo più che centrato, in un acronimo solo vi sono tutte le sensazioni che trasmettono a chi li ascolta.

Un contrasto unico il loro, si mettono a fare musica quando già maturi: Dunckel, un professore di matematica con formazione classica al conservatorio e Godin, architetto con la passione per la musica elettronica.
Una vita passata a studiare il metodo scientifico, ma con la voglia di destrutturarlo nella loro musica, raccontando una storia. Una storia fatta dei sentimenti più puri e innocenti, senza essere intaccata dai loro contrari, non c’è rabbia né risentimento in ciò che fanno. Un vero sogno, insomma.

“You could be from Venus
I could be from Mars
We would be together
Lovers forever”

Iniziano così gli AIR, su di un palco all’interno di uno spiazzo del Labirinto della Masone: vestiti interamente di bianco, con una piramide vera, ma che pare un miraggio, a fare da background.

E’ sempre l’amore a vincere per loro, quello candido, bianco, puro; “tu potresti essere di Venere e io di Marte, ma staremmo comunque insieme, amanti per sempre” i due sul palco ne sono convinti e nell’ascoltarli anche il pubblico si convince che possa essere tutto così semplice.

L’amore rimane candito, ma più impaziente con Playground Love, “Love is all, all my soul”, le mani però iniziano a tremare ed il corpo a bruciare: è un campo da gioco in cui sperimentare e stupirsi di emozioni nuove, sconosciute fino a poco prima.

E subito tornano in mente gli anni passati davanti allo schermo a guardare MTV 24 ore su 24, gli amori adolescenziali visti attraverso la TV, i primi baci, i viaggi di una fermata in treno con il lettore cd a tenerti compagnia, Undressed in seconda serata, il diario segreto dove scrivevo pezzi di canzoni adornati da cuoricini, la prima cotta, il doposcuola, l’estate infinita, la serata film horror del mercoledì, la taverna di Massimo e suo fratello più grande di noi, lui sì che era un gran figo.

Nostalgia, ecco.

Rivederli ora, a 25 anni, è mera nostalgia e lo è per tutti quelli che mi sono accanto durante il concerto, lo si vede, lo si percepisce.
Di fianco a me c’è una bambina, avrà sì e no 10 anni, è lì con i suoi genitori mentre una voce metallica ripete in loop “kelly watch the stars”.

Le stelle, le stelle.

La musica diventa una prospettiva architettonica, dove le linee sono pulite come i loro movimenti e la struttura è solida e rigida al pari della loro tecnicità musicale, è talmente studiato il tutto, che sembra quasi ti stia implorando di distruggerlo, ma nessuno ha il coraggio o semplicemente la voglia di farlo, perché mai dovrebbe?
Quale idiota vorrebbe porre fine ad un bellissimo sogno?

 

da una lettera di un’amica. 

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