La censura ha oltrepassato il limite?



Un’immagine può esprimere migliaia di parole, ma certe volte basta anche solo un’emoji. I pittogrammi tanto amati sono diventati parte del nostro gergo digitale, ed è un dato di fatto, li usiamo per qualsiasi emozione e concetto, chi più, chi meno. C’è un altro utilizzo che però sta prendendo sempre più piega, e ha origine con l’ascesa delle applicazioni dei social media e del “contenuto inappropriato”: è l’antitesi dell’espressione – la censura. Che siate d’accordo o no con la questione riguardante cosa debba o non debba essere permesso sui social networks, sareste ciechi se non notaste come il nudo venga censurato con emoji di ogni tipo, dai frutti fallici alle faccine di gatti.

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Nel suo ultimo progetto fotografico, “EMOJI”, la fotografa londinese, artista e fondatrice di Lemon People Collective, Stephanie Wilson, concentra l’attenzione su ciò che per lei è una violazione dell’espressione artistica. “Il mio scopo consiste nel ritrarre l’assurdità dell’utilizzo di emoji come elemento di censura, specialmente per scatti di nudo eleganti” spiega “Non solo li rovina, ma li rende anche una grande farsa”. Dopo aver chiesto l’aiuto ad amici e aver ingaggiato delle modelle, Wilson ha argutamente reinterpretato le immagini censurate dalle emoji con gattini veri, lumache, frutta e uova all’occhio di bue.

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L’idea di realizzare il servizio fotografico ribolliva in pentola già da tempo, ma la spinta finale viene da un particolare episodio con un’amica, Eleanor Hadwick. Quest’ultima le mostrò alcune foto del suo ragazzo senza veli censurato da emoticons. Foto che l’hanno divertita certo, ma che l’hanno anche incredibilmente frustrata. Diventate una buffonata, avevano perso la bellezza originaria.

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“Perchè le vulve, il seno e il sedere sono così terrificanti? Quali sono gli effetti di una censura così dura? Rendere il nudo vergognoso? Stiamo regredendo nell’accettazione della nudità?” La sua non vuole essere una forma d’arte femminista volta alla polemica: “Mi infastidisce che molte opere femministe siano troppo serie, perché può essere dannoso alla ricezione del messaggio che si vuole dare. Lo humour arriva alle persone, e può essere usato coscientemente, ed è quello che voglio fare io”. D’altronde, quale miglior modo se non quello di affrontare con dell’ironia un fatto di per sé già ridicolo?

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Per l’artista l’intento è chiaro, ed è condivisibile. Così come la sua posizione nella questione -censura-. Censurare qualsiasi forma di nudo su Instagram o su Facebook è come tornare indietro di mille anni, ma la differenza tra immagini artistiche e pornografiche non è sempre facile. Come si definisce il confine? Chi determina cosa sia arte e cosa porno? Chi ha il diritto di farlo più di altri? Il porno danneggia? Libera? Una questione che pare non avere fine.

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