Lui è Jacopo Incani, in arte IOSONOUNCANE.
Uno degli artisti del momento, col suo album DIE uscito nel 2015 e proclamato da molti addetti ai lavori come disco italiano dell’anno.
Siamo andati a sentirlo a Bergamo, in uno dei suoi molti concerti in giro per l’Italia per il tour Mandria, e non ha per nulla deluso le aspettative.
La serata è stata aperta da Francesco Serra, col progetto Trees of mint, che suonando la chitarra con un Ebow in maniera unica ci ha deliziato e preparato le orecchie alle forti sonorità di IOSONOUNCANE.
Rulli di tamburi, maracas, forti sonorità il tutto accompagnato da toni che a volte ricordavano quasi il lirico, questo e molto altro nella sua esibizione.
Ecco la nostra intervista a Jacopo Incani, in esclusiva per Darlin Magazine.
Ciao, presentati ai nostri lettori. Chi sei? Da dove vieni?
– Sono Jacopo e sono nato in Sardegna nel 1983.
Parlami di te. Da cosa nasce il tuo lavoro, la tua idea? Quando hai deciso di diventare un cantautore?
– Il mio lavoro di oggi è l’ultima tappa, in ordine di tempo, di un processo iniziato ormai 20 anni fa. Non ricordo più da cosa nacque. E non ho mai deciso di diventare un cantautore.
Quello che amo di DIE è la perfetta unione tra cantautorato e musica elettronica, se così la possiamo definire. Da cosa trai ispirazione per i tuoi testi? Che a mio parere sono quasi poetici in certi versi, mantenendo comunque significati quasi ermetici.
– Dipende dal brano, dal disco, dall’anno. Ma credo molto poco nell’ispirazione. Credo piuttosto nel lavoro.
E per la composizione delle basi? Di che strumenti ti avvali maggiormente? Qual’è quello che preferisci usare? Che più ami diciamo.
– Dal mio bagaglio di ascolti attuali e passati. Utilizzo tutti gli strumento che ho sotto mano, nessuna preferenza.
La tua isola è tra le più belle del mondo. E il sound dell’ultimo lavoro la ricorda molto. Che ispirazioni hai preso dalla tua terra?
– Tutte quelle che mi è stato possibile.
Che risultati ti sta dando DIE? In termini di successo, di vendite? Ti aspettavi di meglio, di peggio? Insomma che idea ti sei fatto a disco ultimato?
– Ottimi direi, sono molto soddisfatto.
E’ difficile oggi fare musica indipendente?
– Musica indipendente decente intendi? Pare di si.
DIE, ovvero muori. Con chi ce l’hai?
– Con nessuno.
Personalmente credo che il tuo ultimo lavoro sia uno dei dischi italiani dell’anno. Senza se e senza ma. Ti senti di rappresentare il “Tenco” odierno?
– No, rappresento il Jacopo Incani odierno.
5 anni di silenzio. Come li hai passati? Cosa hai fatto “per vivere” in questo periodo?
– Li ho passati in silenzio e questo mi ha fatto vivere.
Ora vivi a Bologna, una città che ha ispirato sempre grandi musicisti e pensatori. Come ti trovi? Che aria si respira lì rispetto alla tua terra natia? Hai un posto preferito dove ti piace passare le tue serate?
– Mi ci trovo bene. Le mie serate migliori le passo in casa.
Parliamo dello Spring Attitude. Sei il primo del tuo “genere” a partecipare a un festival del genere. Come ti senti? Come ti stai preparando a questo evento?
– Come per qualsiasi altro concerto: una spremuta di limone a stomaco vuoto.
Ho letto che eri uno dei tanti giovani precari che lavoravano in uno di quegli infernali call center. Se dovessi ora dare un consiglio al te stesso dell’epoca cosa gli diresti?
– Iscriviti in palestra.
Attualmente che cosa ascolti? Qual’è l’autore, il disco che non deve mai mancare nella tua playlist personale?
– Robert Wyatt.
Come lo vedi il paragone con un giovane De André?
– Sfuocato.
Ultima domanda. Sei un cane?
– No.