Questa volta non parliamo di trovate strane, ma di un problema ambientale da non sottovalutare. Non ci rendiamo conto che in Cina l’aria è irrespirabile, e chi c’è stato ha potuto notare che nei giorni di massima allerta il cielo non si vede nemmeno più. Mentre noi stiamo qui a preoccuparci delle sigarette che fumiamo, ma da buoni tabagisti quali siamo chiudiamo un occhio e tiriamo avidamente l’ultimo tiro per poi buttare il filtro, respirare e pensare: “ohh ossigeno” (che poi tanto puro non è), in Cina è come se non avessero nemmeno modo di fingere di star respirando aria buona, là è come se la sigaretta non smettessi mai di fumarla. Viene male solo al pensiero eh?
La situazione è così invivibile che un ristorante della città di Zhangjiagang è arrivato al punto di mettere una tassa sull’aria pulita per i clienti che godono del filtro d’aria installato dopo l’allarme rosso scattato nel mese di Dicembre nella zona di Shanghai. Il costo è di 14 centesimi, ma tuttavia vendere l’aria è illegale ovunque. Se la tassa sull’acqua ci ha sconvolti, sapere di quella sull’aria è il colpo di grazia, ma in un mondo colpito da airpocalypse la linea tra giusto e sbagliato si fa sempre più sottile.
Secondo quanto riportato dalla BBC, sono favorevoli alla tassa molti users di Weibo, un sito di microblogging in inglese che somiglia a un ibrido tra Twitter e Facebook ed è utilizzato dal 53% della popolazione cinese che ha accesso a internet. La vedono come un incentivo a fare qualcosa, a smuovere le persone dall’indifferenza. Le autorità cinesi hanno finora sottostimato gli effetti degli inquinanti sulla salute della popolazione: il rischio non è solo immediato, ma anche e soprattutto a lungo termine, e sebbene non siano mai stati voluti paletti alla crescita economica e allo sviluppo industriale, questa politica del non agire sta costando troppo a tutta la nazione, e il governo cinese non ha più scelta se vuole garantire a tutti i suoi cittadini aria pulita.