Due anni fa un tabloid britannico rivelava che la linea di moda di Beyonce, Ivy Park, sfruttava le operaie in Sri Lanka pagandole l’equivalente di 60 centesimi all’ora.
La storia era stata accolta con grande scandalo, dato che la collezione, prodotta in collaborazione con Topshop, aveva come slogan “celebrare ogni donna e il corpo che abita mentre continua a migliorare”.
Celebrare tutte le donne, eccetto quelle che passano le giornate a cucire magliette. L’inchiesta spiegava che le operaie vivevano in camere ammassate, con docce in comune con gli uomini, senza cucine, e coprifuoco la sera.
La risposta del brand era stata ancora più sconcertante, dato che dichiaravano di avere un “programma di commercio etico e rigoroso” ed erano “orgogliosi” del loro “sostenuto impegno nelle ispezioni e sondaggi delle fabbriche”. Ivy Park “si aspettava” che i fornitori seguissero il loro codice etico ma, evidentemente, non si assicuravano che le operaie fossero trattate eticamente.
Il mondo di Twitter non si è dimenticato di questa rivelazione, e si continua a parlarne.
I LOVE #Beyonce and her Female Empowerment BUT I need to call her out for paying 64 cents/hour to women making her #IvyPark clothes in sweatshops in Sri Lanka. Lesson here: Having Women rule the world will still bring Exploitation if they hold Capitalistic Values #Diversity pic.twitter.com/3ucUS5e0fn
— Idalin Bobé 🇵🇷🇨🇺👩🏽💻 (@IdalinBobe) 1 agosto 2018
“While Sri Lankan women are making the clothing celebrating female empowerment, they’re clearly not seeing many if any of the benefits.” Don’t slay my people, Bey.
How Beyonce’s ‘Ivy Park’ Label Should Solve Sweatshop Scandal: Switch Suppliers https://t.co/tBgsfL1Voa pic.twitter.com/JYvqThKdE4
— Reneta Thurairatnam (@Reneta22) 2 agosto 2018
Beyoncé’s Vogue cover is a great transgression against white supremacy in the fashion and media industries. But let’s not forget that Beyoncé’s clothing label paid Sri Lankan women workers 67 cents per hour. Popular feminism isn’t necessarily ethical.https://t.co/qU1qOJURaW
— Chelsea Reynolds (@ChelseaJulian) 31 luglio 2018
È importante che le persone si informino sui danni che il fast fashion infligge a società e ambiente, e unirsi alla battaglia perché il sistema cambi. Non è solo colpa di Beyonce, ovviamente, ma se una grande persona che da anni è avvocato dei diritti delle donne si dedicasse anche a questa causa, sarebbe indubbiamente un passo avanti per modificare l’industria del fast fashion.
A questo proposito, calza a pennello l’intervista di Vogue di cui Beyonce è anche la cover. Un’edizione molto importante, dato che è la prima foto di un fotografo afroamericano ad apparire in copertina. La cantante racconta di aver scoperto che un suo antenato era un padrone di schiavi, che aveva sposato una schiava di cui si era innamorato – dicendo che vorrebbe fare qualcosa a proposito. Ecco, forse contribuire all’abolizione della schiavitù moderna, di smettere di produrre gonne da dieci euro sfruttando la forza lavoro asiatica, sarebbe un ottimo inizio.