Darlin Magazine

Una serata al Magnolia per ascoltare i Public Service Broadcasting

Sono sincero, scopro l’esistenza di questo gruppo un paio di settimane fa, proprio perché sarebbero venuti a suonare al Circolo Magnolia di Milano per la seconda tappa italiana del loro tour, dopo la prima al Lanificio 159 di Roma. Sono giovani, fanno buona musica e soprattutto sono british, very british, Mr. J. Willgoose Esquire (chitarra, banjo + electronic stuff) e Mr. Wrigglesworth (batteria + electronic stuff).

Il loro album di debutto è stato rilasciato a maggio dell’anno scorso e il titolo, “Inform – Educate – Entertain”, riassume in sé il concetto che sta alla base del loro modo di proporre musica al pubblico. L’idea non è nuova (basti pensare al largo uso di arti visive che in passato ha contraddistinto gruppi come i Pink Floyd o i Talking Heads) ma il loro modo di metterla in pratica è molto mirato: proiettano documentari di carattere educativo con audio originale attingendo dall’archivio del BFI (British Film Institute) e accompagnano le immagini e gli insegnamenti del passato con la loro musica del futuro. Informare, educare e intrattenere. Un post rock fortemente contaminato da influenze elettroniche che, a mio personalissimo parere, spacca.

Prima di assistere allo show possiamo fare qualche domanda a Will e Wriggles, ma abbiamo poco tempo, hanno una cena con gli organizzatori prima del concerto.

I due giovani sono molto disponibili e dimostrano da subito di essere portatori di quell’ ironia composta e sottile tipica del loro popolo. Portatori, come se fosse un virus contagiante. In camicia a quadretti, papillon e giacca di velluto Willgoose racconta una storia sul come si sono conosciuti ed hanno iniziato a fare musica insieme: “ Well, a quei tempi il qui presente Wrigglesworth era un golfista, il suo handicap era a livello 4, niente male vero? Sì eri abbastanza bravo Wriggles, non ti vergognare… e beh, io ero il suo caddie. Da quei tempi abbiamo iniziato a parlare di musica, ogni tanto gli cantavo anche qualcosa e poi dopo che ha subito un infortunio alla spalla abbiamo iniziato a collaborare concretamente”. [Mi pare di aver letto in altre interviste rilasciate da loro in passato delle storie sempre diverse a riguardo. Fantasiosi, che simpatici].

E come vi è venuta in mente l’idea di mettere delle voci di documentari degli anni ’50 e ’60 su della musica elettronica?

Willgoose: In realtà quella di campionare suoni è una cosa che ho sempre fatto, è un’idea che proviene da questa mente [punta un dito alla sua testa], ho sempre ricercato suoni e voci interessanti, attraverso film, videogames… Poi un giorno mi è capitato di ascoltare un programma radio di divulgazione culturale e beh.. Wrigglesworth si era appena infortunato alla spalla quindi..abbiamo iniziato a suonare. Sì, è effettivamente molto curioso come possa ancora suonare la batteria dopo quell’infortunio.

Quindi è una scelta stilistica? O è perchè non siete capaci a cantare?

Willgoose: Ah, direi entrambe le cose…

Se poteste collaborare con un qualsiasi artista, del passato o contemporaneo, chi scegliereste?

Wrigglesworth: [scruta pensieroso lo sguardo del suo compagno] Mh… maybe Spice Girls? Ahah, no, scherzi a parte credo che ci piacerebbe Johnny Cash, non so cosa potrebbe venir fuori da una collaborazione con lui, comunque Johnny Cash è la risposta giusta. Anche con qualche rapper non ci dispiacerebbe, tipo Method Man del Wu-Tang Clan.

C’è qualcosa che vi ha impressionato particolarmente dell’Italia e del suo popolo?

Wrigglesworth: A parte il fatto che avete il cibo migliore? [ahaha] comunque sì: gli inglesi, o almeno la maggior parte degli inglesi risultano essere molto riservati a livello umano, certo dopo un paio di birre cambia tutto, però in stato di sobrietà è così. Quello che più mi colpisce degli italiani invece è il fatto che dimostrino in modo molto più fisico le loro emozioni, anche solo nello stringere la mano, nel salutare. Ecco. Ed anche il fatto che tutte le volte in cui abbiamo suonato in Italia c’è sempre stato un ottimo riscontro da parte del pubblico: qua capita che la gente venga ad ascoltare la tua musica senza davvero sapere chi sei, o cosa fai, cosa che in Inghilterra è molto più difficile. Direi che il pubblico italiano è molto più open mind, non so se mi spiego. Questo ci ha colpito.

Sentire queste parole colpisce anche noi.

Musica contemporanea italiana, cosa volete dirci a proposito?

Willgoose: In realtà non siamo molto aggiornati sull’argomento, la musica italiana che conosco meglio è la classica, sono un grande appassionato. Comunque i Calibro 35 sono un gruppo che ci piace, abbiamo suonato insieme ad un festival in Kosovo, strano vero? Poi siamo amici con i Lush Rimbaud, dei ragazzi di Ancona, anche loro sono molto forti. E anche gli Yuppie Flu ci piacciono, vero Wiggles?

Wiggles: Vero.

Grazie ragazzi, è stato un piacere.

Live @ Jodrell Bank

Dopo l’intervista manca ancora un’ora al concerto: trovandoci vicino all’aeroporto di Linate decidiamo di passeggiare tra un rombo d’aereo in decollo e quello di uno in atterraggio fino al più anonimo Mc Donald’s all’interno del più anonimo e fatiscente complesso di ristoranti dozzinali nel raggio di chilometri per ingurgitare qualche cheesburger. Attendiamo pazientemente e da soli l’apertura dei cancelli, noi e un ragno di Segrate che riusciamo con il suo permesso a fotografare.

L’inizio del concerto è previsto per le 22.30, aspettiamo sdraiati su dei comodi lettini messi a disposizione dal circolo Magnolia, la gente non è molta e il buttafuori non esita a dimostrare il suo apprezzamento per la scarsa affluenza canticchiando allegramente “Chebbella la vita che non faccio un cazzo tutto il giornoo…”.

L’età media è abbastanza alta, tra i 30 e i 40, siamo senza dubbio tra i più giovani. Con un po’ di ritardo i Public Service Broadcasting entrano in scena e attaccano a suonare, il concerto dura circa un’ora e mezza e il pubblico, nonostante il numero esiguo (circa 60 persone) dimostra il suo apprezzamento per ogni pezzo. “Spitfire”, “Nightmail”, e poi “If war should come” e “Elfstedentocht”. Suonano la maggior parte dei pezzi più conosciuti intervallandoli a ironici saluti in italiano pre-registrati con una voce metallica che, ovviamente, fa un sacco ridere il pubblico. “Everest” è il pezzo che chiude il concerto. Troppo presi dall’ascolto per prendere un video.

https://www.youtube.com/watch?v=bxc6LtPchTQ

Complice anche lo sciopero dei mezzi che proprio Mercoledì 19 marzo ha bloccato la città, l’accoglienza di Milano non è stata delle migliori per uno show che avrebbe meritato molto di più.

Reportage a cura di Tommaso Sorgentone

In collaborazione con Klubb Lottarox

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