Dai Balcani a Tokyo: intervista a Mattia Leonardi



L’etichetta di “piemontese falso e cortese” non fa proprio al caso di Mattia Leonardi che, se pure originario di quelle terre, non le manda certo a dire a nessuno. Classe 1978 e del segno del Toro, è un membro attivo dell’associazione Parada, street photographer accreditato da Vogue oltre che viaggiatore instancabile.

Siamo rimasti molto colpiti da tutte quelle strade polverose, bagni al fiume, volti segnati e Tokyo girls distratte, così gli abbiamo fatto qualche domanda per saperne di più.

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Ciao Mattia, quando hai deciso che da grande volevi fare il fotografo?‏

Quando ho cominciato a viaggiare. A un certo punto, cinque anni fa, mi è venuta voglia di fare il fotografo. Da quel momento la fotografia è diventata la mia droga‏. Ho cercato di migliorare‏ e affinare‏ la tecnica grazie ad amici più avanti di me, libri sui grandi maestri e internet.

Preferisci l’analogico o il digitale?‏

Il digitale tutta la vita‏, ogni cosa ha il suo tempo.‏ a parte il prezzo, che è un problema alla lunga, credo che l’analogico sia superato. Ormai il digitale ha le stesse potenzialità della pellicola e anche di più, con un po’ di fantasia nello sviluppo dei file raw‏. Poi con il digitale si viaggia più leggeri e si possono fare molte più foto senza preoccuparsi del rullino. So che è un sacrilegio per i puristi.‏

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Con che macchina scatti?

Uso una macchina compatta e un 35 fisso, 2 schede e via.‏ Dopo anni di Reflex, non rinuncio più alla comodità. La qualità c’è anche con una compatta, avevo una Fuji e adesso una Leica.‏

Cosa mi dici delle foto da smartphone?

C’è un fotografo che è entrato in agenzia Magum facendo foto solo col cel‏lulare. Ha fatto scalpore questa cosa‏.

E se un giorno facessero dei corsi di fotografia da smartphone?‏

Non mi stupirei‏. Io non scatto mai col cellulare durante un viaggio, a meno di non avere la macchina con me‏, però non mi scandalizzerei.‏

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Dicono che non sia la macchina a fare il fotografo‏…

Concordo pienamente‏. Puoi dare la stessa macchina a due persone, e sicuramente faranno foto diverse tra loro. Anche allo stesso soggetto‏.

Quanto conta l’occhio e quanto la prontezza di cogliere un momento, secondo te?‏

Secondo me vanno di pari passo. Non può esserci l’uno senza l’altra‏e viceversa.

Quali sono i tuoi fotografi di riferimento?‏

All’inizio c’è stato Henri Cartier-Bresson, poi Bruce Gilden, Paolo Pellegrin, Alex Majoli e tanto amore per Alex Webb‏. Diciamo che mi piace molto osservare le persone e prendo ispirazione dai fotografi che più riescono a raccontarle. ‏

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Sei un fotografo di viaggi, però non sei un paesaggista: i luoghi li fanno le persone?‏

Mi leggi nel pensiero ?‏

Ho guardato le tue foto‏. A proposito, si dice che Steve McCurry sia una persona pessima e che faccia piangere i bambini‏. Sarà vero?‏

‎Credo di sì. Molte persone del settore spifferano, e giurano che sia proprio così.‏

Dovrebbe importarci che lui sia una persona orribile?‏

No, della vita privata di ogni persona non ci dovrebbe importare. È comunque un ottimo professionista, anche se si è calato molto‏ nella parte.

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Tu come fai a cogliere l’intimità delle persone?‏ Sto pensando soprattutto alle tue foto dei Balcani, e anche alle ultime che hai fatto ai passanti in Giappone‏…

È una cosa che ho imparato dai grandi: bisogna andare vicino a quello che si vuole fotografare. E avvicinandosi alle persone si entra nel loro mondo da osservatori‏. È una bella cosa‏, da fare anche senza macchina fotografica‏.

Com’è attraversare i Balcani?

Le persone sono molto gentili e disponibili, hanno spesso voglia di fare due chiacchiere e nel caso darti un informazione‏. Ricordano molto quell’ospitalità di una volta del sud Italia: ti offrono da bere o da mangiare, e se dici di no si offendono‏. Per me i Balcani dal punto di vista sociale sono bellissimi, ed è fighissimo girarli in auto‏.‎ Sarajevo però è diventata un città per turisti, tutta bella e scintillante‏. La guerra sembra non esserci mai stata, sembra di essere in Svizzera.‏ Ormai è rimasto solo il fascino del nome.‏

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Invece, questa è stata la tua prima volta in Giappone?‏ Com’è l’impatto per un italiano?

Sì, e sono rimasto a bocca aperta: c’è gente ovunque, pubblicità dappertutto, grattacieli, musica in ogni angolo della città, band di giovani che improvvisano in piazza con batteria e tutto il resto‏…

Tokyo non dorme mai, come in Lost in translation?‏

Ma no, a mezzanotte chiudono praticamente tutto‏. C’è solo un quartiere, Roppongi, dove ci sono delle discoteche in cui continuare la serata.‏ Dopo mezzanotte rimane aperto giusto qualche localino in cui bere qualcosa e il grosso della gente se ne va.‏ Magari in Lost in traslation stavano in giro solo fino a mezzanotte e non l’avevamo mai capito‏.

Tra tutti i posti che hai visitato, qual è il tuo preferito?

Domanda difficile..‏. la Romania mi ha colpito molto, e anche l’Armenia. Ma una sorpresa molto piacevole che rientra di certo nella top 3 è l’Azerbajian‏. Metto queste tre sul podio, con sofferenza perché anche Tokyo se la gioca‏.

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