La parola d’ordine del pranzo di Pasqua è ingrassare: non importa quanti sforzi abbiamo fatto per presentarci in forma (che poi per chi?) perché state pur certi che oggi sarà tutto vanificato.
Ogni regione ha i suoi modi per conquistare il nostro palato: il casatiello e la pastiera in Campania, la crescia nelle Marche, la torta pasqualina in Liguria, la colomba tipica lombarda…insomma, chi più ne ha più ne metta perché sembra che ogni anno spuntino fuori nuove ricette da ogni regione!
Ma c’è una sola cosa che al fatidico pranzo è sempre presente sulla tavola di tutti: l’uovo di Pasqua. Non importa se abbiate speso un rene per averlo (l’uovo commestibile più costoso al mondo è il Coniglio pasquale di Martin Chiffers e vien 50.000 euro), perché ogni cosa è concessa per trovare la versione più artistica ed elaborata.
Fin dall’antichità l’uovo ha sempre conservato un significato di vita e rinascita: ad esempio le comunità pagane vedevano in esso la sintesi di cielo e terra, invece gli Egizi l’unione dei quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco). La Chiesa in seguito, alla luce delle Nuove Scritture, rivoluzionò il valore simbolico dell’uovo come la pietra tolta dalla tomba di Cristo per la Resurrezione.
Dopo questa breve lezione di storia arriviamo al punto clou: infatti fu proprio Luigi XIV – il re Sole tanto per intenderci, quello che visse nel lusso e fece spendere un sacco di soldi allo Stato solo per i suoi capricci personali– il primo a commissionare un uovo di crema di cacao al suo chocolatier di corte. E chiamalo stupido.
Tuttavia le decorazioni e la preziosità dell’uovo di Pasqua si devono all’orafo Peter Carl Fabergé, che ricevette la commissione da parte dello zar Alessandro III di creare un uovo per la zarina Maria senza badare a limiti di spesa e bellezza.
Per l’occasione nacque l’uovo Fabergé, un uovo di platino smaltato di bianco al cui interno c’era un altro uovo in oro, che ancora una volta conteneva due sorprese: una piccola copia della corona imperiale e un pulcino d’oro.