Darlin Magazine

Perché ascoltiamo una canzone a ripetizione e alla fine la odiamo

È successo a tutti di ascoltare una canzone, innamorarsene, e risentirla in ogni momenti disponibile della giornata. Sei convinto che la amerai per sempre, che non ascolterai mai più nessun’altra canzone all’infuori di lei. Ma l’amore finisce e, dopo due giorni, detesti la canzone, non la sopporti più, dalla prima all’ultima nota.

Perché succede? Perché perdiamo interesse in una canzone che fino a poco tempo prima ci faceva emozionare? La psicologa spagnola Amaya Terrón ha cercato di spiegare questo comune fenomeno durante un’intervista con Verne, dicendo che la sovraesposizione a un determinato stimolo lo svuota del suo originario significato: “La spiegazione psicologica per cui una canzone che ci piace finisce per essere noiosa risiede nell’assuefazione. Stimolando in eccesso i centri del piacere, lo stimolo perde il suo potenziale evocativo”.

L’Independent riporta che i neurologi credono che il cervello attraversi due stadi quando ascoltiamo una canzone che amiamo: il nucleo caudato del cervello anticipa la nostra parte preferita, mentre il nucleus accumbens innesca l’eccitazione causando il rilascio di endorfine. È naturale, dunque, che più conosciamo una canzone, meno il nostro cervello si eccita quando la ascoltiamo, secondo Michael Bonshor, esperto in psicologia musicale e dottore all’Università di Sheffield: “Gli esperimenti hanno dimostrato che apprezziamo meno una cosa, quando la conosciamo molto bene”.

Insomma, ad un certo punto potresti convincerti che quella canzone che tanto amavi era un abominio.

Non è solo il caso della musica. Un processo del genere potrebbe infatti venire applicato a qualsiasi cosa, come ad esempio il cibo: se mangiassimo troppo un determinato alimento, è probabile che ad un certo punto ci venga a noia, e finiremmo per evitarlo (ma potrebbe anche non succedere…). Questo meccanismo viene utilizzato nella terapia psicologica per superare le paure, cercando di abituarsi alla fonte che genera inquietudine: “Funziona con gli stimoli buoni e con quelli cattivi. Nella terapia, il paziente viene esposto a poco a poco a situazioni che gli causano paura, fino al momento in cui le supera. Dopotutto, si tratta di abituarsi a qualcosa”, ha spiegato ancora la psicologa Amaya Terrón.

Exit mobile version